Alessandro Gaidolfi

Alessandro, vincitore Great Comebacks 2016

Cosa ne dice di fare un controllo generale, adesso che ha compiuto 65 anni?”. Con queste parole del medico comincia la mia storia. Una storia comune a migliaia di persone, il club degli stomizzati. Le analisi e gli esami segnalarono che qualcosa non andava bene, che non si trattava della prostata, ma di ombre nella vescica. Altre analisi ed esami precisavano meglio il quadro clinico. Tanto che dovevo essere ricoverato per una cistoscopia abbastanza urgente. Dopo i vari accertamenti effettuati durante il ricovero, la diagnosi fu di un tumore alla vescica, tumore che doveva essere tolto mediante un'operazione chirurgica. Ovviamente la notizia non mi fece per nulla piacere ma ero abbastanza preparato perché durante la cistoscopia avevo sentito i discorsi del medico e non erano nulla di buono. L'intervento fu programmato per il mese successivo, i peggiori quaranta giorni della mia vita; ogni mezz'ora dovevo andare in bagno, quando mi muovevo in città dovevo avere sempre ben chiara la posizione dei gabinetti oppure dovevo andare nei centri commerciali. Di notte riuscivo a dormire venti minuti per volta. Mi augurai che questo periodo, che peraltro coincideva con le feste di Natale, passasse in fretta. Però durante tutti questi giorni cercavo di condurre una vita il più possibile normale, di non far pesare sulla famiglia i miei problemi, volevo con tutte le mie forze che l'atmosfera fosse buona, sia per me che per mia moglie e i miei figli. Mi accorgevo che, vedendomi sereno perché ormai avevo avuto una diagnosi certa, l'atmosfera era tranquilla. I miei amici erano al corrente di tutto e quando uscivamo insieme o facevamo le prove (suono in un piccolo complesso che l'anno scorso ha festeggiato i 50 anni di attività) mi supportavano e si facevano le cose che io potevo fare. Mi sono stati di grande aiuto. A quel punto la malattia mi aveva preso per mano e mi stava accompagnando nelle mie attività quotidiane. Prima dell'operazione, l'incontro con la stomaterapista. Mi aspettavo che mi desse una serie di notizie sulla mia vita dopo l'operazione. Mi ha spiegato tutto per bene facendomi anche dei disegnini. E il colloquio e il contatto umano e l'empatia dimostrata mi hanno fatto sentire bene. L'operazione è stata abbastanza gravosa e mi ci sono voluti alcuni giorni per recuperare una certa mobilità seppur all'interno dell'ospedale. Rispetto al periodo di qualche mese prima durante il quale dovevo sopportare disturbi abbastanza pesanti oltre al pensiero di non sapere ancora quello che avevo, l'operazione mi ha procurato sollievo. Sono contento di averla fatta, anche se avrei preferito, ovviamente, non averne avuto bisogno. Ricordo che il primo pensiero al risveglio dall'anestesia è stato: “Meno male che non devo più andare in bagno 50 volte al giorno” e che non mi è nemmeno passato per l'anticamera del cervello che qualcosa potesse essere andato male. La mia fiducia nei medici del reparto era totale, ero sicuro che il mio problema fosse stato ormai risolto. La stomia non è stata per me una sorpresa, sapevo cosa sarebbe successo perché avevo già vissuto la situazione con la mamma. Imparare però la gestione quotidiana non è stato facile; ho dovuto provare parecchi dispositivi prima di trovare quello che faceva al mio caso e ogni tanto dovevo precipitarmi a casa per cambiare placca e sacca. I primi tempi il pensiero della sacca era costante, 24 ore su 24, anche di notte quando ti giri e ti ricordi che sei attaccato alla sacca da letto. Poi, piano piano prendi confidenza con le operazioni, trovi il tuo presidio, non devi più correre a casa e ti dimentichi di essere stomizzato. Ecco, quello è il momento in cui davvero fai il grande ritorno alla tua vita, apprezzandola ancora più di prima. Mi sono ricordato delle parole di Khalil Gibran: “Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia. Perché oltre la nera cortina della notte c'è un'alba che ci aspetta”. Nell'organizzazione degli Spedali Civili di Brescia è prevista la visita dello stomaterapista sia durante la degenza che la settimana dopo la dimissione, non solo per una verifica ed un'istruzione sull'uso del presidio e la prescrizione dello stesso adatto alla stomia, ma anche per una presa in carico del paziente per i mesi successivi... direi per tutta la vita. Qui c'è stato il primo incontro con Mauro Bergamelli che mi ha insegnato a mettere e togliere placca e sacca, a pulire e mantenere sano lo stoma e la pelle intorno; mi ha dato delle dispense redatte dagli infermieri stomaterapisti corredate da disegni chiari che mi hanno aiutato molto. I primi tempi sono stati veramente impegnativi e il supporto di Mauro e della sua collega Eliana Guerra indispensabili. Non ricordo quanti messaggi ho mandato nei primi tempi a Mauro per avere consigli, per chiedere un incontro, per prospettargli soluzioni. Sempre ho trovato risposta anche quando le mie domande da principiante magari non erano molto pertinenti o chiare. E il rapporto si è trasformato in amicizia. La famiglia, gli amici e la musica: sostanzialmente queste sono le cose che mi hanno permesso di riprendere una vita normale. È in queste situazioni che si vede se i rapporti di una vita sono rapporti forti basati sull'affetto e sull'amore. E devo dire che le mie aspettative sono state superate. È stata una sorpresa vedere come le persone mi sono state accanto, come mi hanno incoraggiato, come io ho incoraggiato loro (perché anche questo si fa), come il clima che si era creato beneficiava tutti, come in un cerchio magico, formato da moglie, figli, amici, compagni di studio, membri del mio gruppo musicale. Con tutte queste persone accanto non ho mai perso la certezza che tutto potesse ritornare come prima della malattia. Ho usato molto, durante il mio ricovero ospedaliero, sia prima che dopo l'operazione, i cosiddetti social network. Ogni giorno postavo fotografie e raccontavo gli sviluppi della giornata, i pensieri, le richieste... quasi un blog. Diceva il Mahatma Gandhi: “La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia!” ed io ho imparato a ballare, riprendendo a fare esattamente quello che facevo prima di entrare in ospedale. Dopo 15 giorni mi sono rimesso la chitarra in spalla per suonare e cantare (magari non ancora serate) anche se mi stancavo più facilmente. E in estate, con la bella stagione, ho tirato fuori la moto dal garage ed ho ripreso a girare per le belle montagne che circondano la mia città. Mi ha fatto piacere poter incontrare altre persone che si trovano nella mia stessa situazione, sia per imparare da loro che spesso sono in questa condizione da molto più tempo di me, sia per dare consigli sulla base della mia seppur limitata esperienza. A tutti dico sempre che la vita continua, si è chiusa una stagione ma se n'è aperta un'altra, che da questa nuova stagione mi aspetto ancora tante soddisfazioni, tanta gioia, tanta felicità.

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