Raccontare e raccontarsi

Marina Eramo, Psicologa e consulente ConvaTel®, illustra perché la condivisione delle proprie esperienze può aiutare gli altri nella riabilitazione

Lavorando al numero verde da diversi anni mi confronto quotidianamente con le domande e le incertezze di chi vive con questo nuovo organo chiamato stomia. Grazie alle nostre conversazioni ho imparato molto e la mia più grande soddisfazione è avere la conferma ogni giorno di quanto sia importante raccontare la propria esperienza. In generale confrontarsi è utile non solo perché ci fa sentire meno soli, ma anche per risolvere quelle piccole difficoltà quotidiane che, se inespresse, per alcuni diventano ostacoli insormontabili. Condividere la propria esperienza e raccontare come o grazie a chi si è riusciti a tornare pienamente alla vita quotidiana potrebbe essere di grande aiuto per chi è ancora alle prese con dubbi e difficoltà.

Ovviamente, la prima figura con la quale è fondamentale rapportarsi all’inizio di questo cammino, è il proprio operatore sanitario di fiducia, che illustra come imparare a gestire la stomia, per un sereno reintegro nella vita sociale.

Confrontarsi, quindi, è molto importante: tradurre in parole le emozioni è sempre “terapeutico”; innanzi tutto, ci aiuta a razionalizzare l’accaduto e a scaricare lo stress e la tensione ad esso legati; in secondo luogo, contribuisce ad aumentare la nostra consapevolezza, facendoci prendere in considerazione altri punti di vista. Guardare una situazione di disagio da un’altra “angolazione” ci permette di trovare soluzioni che non avevamo contemplato e, conseguentemente, di aiutare noi stessi e gli altri. Quanto sia importante il contributo che si offre agli altri raccontando la propria esperienza è già stato dimostrato scientificamente. La narrazione ha assunto nel corso degli anni un ruolo sempre più chiave, tanto da divenire decisiva nel percorso di cura e riabilitazione.

Il racconto della storia della malattia viene definito nello specifico “medicina narrativa” che, oltre alla cura del sintomo, lascia spazio ai bisogni emotivi, psicologici e legati all’esperienza della malattia stessa. La medicina narrativa raccoglie il vissuto della persona in relazione alla malattia, alle paure e ai dubbi ad essa legate e le trasforma in un progetto di terapia che supporta e affianca le terapie tradizionali. Mettendo in primo piano la persona considerata nella sua totalità, pone l’accento sul concetto del “prendersi cura”. Partendo da questo presupposto, è fondamentale la costruzione di una “relazione terapeutica” tra medico/operatore sanitario e persona assistita, che va oltre l’analisi dei sintomi o della diagnosi, poiché mette in primo piano proprio la comunicazione tra le persone, basata sull’empatia, sulla comprensione e sulla solidarietà.

 

La capacità di raccontarsi senza inibizioni sarà di aiuto per capire meglio i bisogni sommersi dalla paura. Non dobbiamo aver paura di affrontare le nostre paure e i nostri dubbi, impariamo a ribaltare la situazione, le nostre debolezze diventeranno il nostro punto di partenza, il punto da cui ripartire in questo nuovo percorso. Un esempio che ci tocca molto da vicino è Great Comebacks, il Programma Internazionale di ConvaTec, che negli anni ci ha permesso di condividere molte storie di persone stomizzate che non si sono arrese; persone che hanno lottato e preso in mano la propria storia, la storia della propria malattia e l’hanno trasformata, raccontandola.

Una forza comunicativa di valore inestimabile per chi vive la stessa situazione. Scrivere è liberatorio e condividere l’esperienza della malattia con altre persone è un modo per essere protagonisti del proprio percorso terapeutico e per essere di aiuto a chi vive la stessa cosa ma non sa come raccontarla.

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